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  • Immagine del redattoreMichele Lasi

LE ALTERNATIVE ALLA PELLE

Aggiornamento: 18 gen 2022

Dalla pelle ricavata dai funghi a quella prodotta a partire dall’ananas e dal cactus: l’interesse etico e ambientale dei consumatori (secondo Lyst, le ricerche relative alla ‘pelle vegana’ sono aumentate del 69% rispetto all’anno scorso) ha fatto sì che, di recente, alcuni brand della moda stiano prendendo un po' le distanze dalla pelle tradizionale.

Ad oggi le alternative vegane sono ancora in fase di sviluppo: nessuno di questi prodotti si è affermato sugli altri come standard di riferimento; e a volte, anzi spesso, alcuni materiali dichiarati come “green” includono componenti sintetici di origine fossile.

Insomma, la confusione su questo argomento è tanta! E il rischio di inciampare nel greenwashing è elevato!


Cos’è il Greenwashing? Si tratta di una strategia di marketing, ingannevole e fraudolenta, applicata da certe organizzazioni per dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente con l’obiettivo di catturare l’attenzione dei consumatori attenti alla sostenibilità.


Non è da prendere sottogamba! Pensa che a fine 2021 la giustizia Italiana, per mano del Tribunale di Gorizia, ha emesso la prima storica ordinanza cautelare in materia greenwashing (vedi qui il caso Miko - Alcantara) dichiarando, che “la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un’impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto”, inoltre, le “dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile”.


Non è mia intenzione definire se uno o più dei materiali di cui parlo in questo post sono riconducibili a iniziative di greenwashing. Piuttosto, passerò in rassegna dei dati oggettivi con cui puoi costruirti il tuo punto di vista e rispondere alla domanda: esistono alternative migliori della pelle in termini di sostenibilità?

Pelle e alternative


Ecco qui una classificazione dei materiali alternativi alla pelle.


In primo luogo ci sono i sintetici di derivazione 100% fossile che consistono in un supporto tessile, generalmente poliestere, ricoperto da uno strato di PVC (Polivinilcloruro) o PU (Poliuretano). L’estetica della superficie può somigliare alla pelle per mezzo di una goffratura che ne imiti la grana. Il successo del PVC e del PU nel campo degli accessori e abbigliamento risale agli anni ’60, quando ebbero una massiccia diffusione grazie al costo contenuto (fino a un decimo del costo di una pelle).

Nel corso dell’ultimo decennio nella pelletteria si è affermato un ulteriore materiale di derivazione fossile, ma riciclato: il PVB (polivinilbutirrale).

Nel mercato vengono utilizzati molti termini diversi per descrivere questi materiali, ad esempio pelle artificiale, pelle sintetica, similpelle, finta pelle, ecopelle, pelle sintetica, rigenerata di cuoio.


In secondo luogo, esistono materiali che sono ottenuti per integrazione di quelli fossili: in pratica, si cerca di ridurre il contenuto non rinnovabile sostituendo parzialmente il polivinilcloruro (PVC) o il poliuretano (PU) con prodotti derivati ​​dai rifiuti agricoli, come sansa di mela (Vegea®, Appleskin®), o foglie di cactus macinate (Desserto®). Rientra in questa categoria, almeno parzialmente, anche il Teak Leaf®: le foglie di Teak vengono “annegate” in una resina polimerica, e coperte sulla parte superiore da un layer plastico trasparente. La Base in poliestere 100% fossile persiste in tutte queste alternative, la superficie può visivamente replicare quella della pelle.


Una terza via sono i materiali fibrosi bio-based di origine non animale. Questi materiali hanno come caratteristica peculiare quella di essere monostrato. Muskin® (o pelle fungo) è il capostipite di questa famiglia, ottenuto a partire da un fungo gigante subtropicale. Appartiene a questa categoria anche il Kombucha, materiale denso compatto a base di polisaccaridi, contenente talco.


Una ulteriore alternativa per sostituire tutte le materie prime a base fossile è quella dei tessuti non tessuti bio-based. È il caso di Pinatex®. Le fibre rinnovabili delle foglie di ananas vengono trasformate in un supporto non tessuto rivestito con acido polilattico (PLA). Similarmente, SnapPap® è costituito da un tessuto non tessuto fibroso a base di cellulosa. Le sue fibre sono legate da un legante polimerico a base di acido acrilico (lattice).


Come facciamo a capire se questi materiali possono affermarsi come alternative credibili alla pelle? Ho provato a confrontarli, focalizzandomi in particolare sui seguenti aspetti: l’origine delle materie prime e la durabilità / longevità durante l’utilizzo.



1. L’ORIGINE DELLE MATERIE PRIME


Da questo punto di vista, in ordine di priorità, sono da preferirsi:


a. Materiali che, similarmente alla pelle, utilizzano come input gli scarti di fine vita di un prodotto, attivando dinamiche di economia circolare.


b. Materiali bio-based, di origine naturale, che consentono di evitare alternative fossili. Opzioni che non insistono su risorse dedicate al soddisfacimento di bisogni primari come l’alimentazione sono da preferire.


c. Materiali di derivazione fossile, con percentuali crescenti di componenti riciclate o bio-based.


In un articolo di alcune settimane fa (puoi trovarlo qui), ho passato in rassegna i pregi della pelle riguardo questo aspetto. L’industria italiana della pelletteria lavora, in oltre il 99% dei casi, pelli che sono un sottoprodotto della macellazione: se la pelle non venisse conciata dovrebbe essere eliminata in altri modi, probabilmente più impattanti, dopo che la carne degli animali è stata utilizzata per la macellazione.

Dunque, almeno In termini di raw materials, la pelle rappresenta una best practice da tenere a riferimento, dato che utilizza materiali che sarebbero altrimenti destinati alla distruzione!


Riguardo i materiali di origine 100% fossile, ossia PVC e PU, beh… non c’è molto da dire. Si tratta di prodotti ottenuti dalla raffinazione del petrolio, dunque avulsi da qualsiasi contesto di sostenibilità. Tuttavia, a partire dal 2010, sono state commercializzate varianti di questi prodotti con basi in poliestere riciclato al 100% (di solito ottenuto dalle bottiglie in PET), e certificabili attraverso lo standard GRS. I prodotti finiti raggiungono in tal modo una percentuale di riciclato del 50-60%.


Il PVB riciclato ha caratteristiche meccaniche equivalenti al PVC. Esso viene ottenuto dal riciclo dei vetri delle automobili (il PVB è la membrana polimerica che impedisce al vetro di andare in pezzi in caso di impatto). La percentuale di riciclo raggiunge l’80%. Inoltre la carbon foot print di quest’ultimo è estremamente contenuta rispetto al PVC (114 g CO2/kg invece di 2.100 g CO2/kg).

Il PVB sembra essere un materiale estremamente interessante, in quanto attiva dinamiche di economia circolare utilizzando materiali di scarto di un altro mercato che altrimenti dovrebbero essere smaltiti. In questo senso, è in tutto e per tutto paragonabile alla pelle!


Riguardo le alternative ottenute per integrazione di quelli fossili come Vegea®, Appleskin®, Desserto®, in questi articoli la percentuale di PU o PVC rimane comunque preponderante nella miscela (In generale, oltre il 65%), mentre la base in poliestere 100% fossile persiste. In buona sostanza, parametrizzandoli in base all’origine della materia prima, i materiali ottenuti per integrazione dei fossili non sembrano particolarmente performanti.


In quanto ai materiali fibrosi di origine naturale non animale, la loro provenienza è alquanto interessante. Muskin® è composto da Phellinus ellipsoideus, un gigante fungo subtropicale, non commestibile per l’uomo, che si nutre del tronco degli alberi. Il procedimento di concia a cui viene sottoposto non si discosta molto da quelli tradizionali, con la differenza che, durante il processo, non vengono impiegate sostanze chimiche. Il materiale Kombucha è invece un sottoprodotto ottenuto durante la preparazione della omonima bevanda giapponese, un tè fermentato.

Dunque, dal punto di vista delle materie prime, questi materiali hanno caratteristiche rilevanti. Sono 100% bio-based e insistono su risorse naturali che non sono destinate a bisogni primari dell’uomo, come l’alimentazione. Tuttavia, a causa della complicata raccolta e della limitata disponibilità, Muskin® e Kombucha sono ben lontani dall'essere in grado di sostituire la pelle in modo massivo.


Infine, riguardo i tessuti non tessuti bio-based, il ragionamento sull’origine della materia prima è simile a quello citato poco sopra per Muskin®. Tuttavia è necessario fare un distinguo. Prendiamo ad esempio Pinatex®: l’acido polilattico (PLA) in cui sono immerse le foglie di ananas è prodotto dall'amido di mais, dunque utilizzando una risorsa che potrebbe essere destinata all’alimentazione…questo lo rende una alternativa meno appetibile!


Riassumendo, è abbastanza evidente che con la sola eccezione di Muskin® e Kumbucha che hanno origine bio-based, gli altri materiali non pare possano vantare una materia prima “virtuosa” come la pelle. Il PVB, in questo senso, si distingue positivamente, utilizzando sottoprodotti di scarto dell’industria automotive.


2. LA DURABILITÀ / LONGEVITÀ DURANTE L’UTILIZZO


Per durabilità (o longevità) si intende la performance meccanica di ciascun materiale: maggiori sono le prestazioni, maggiore sarà la capacità del materiale di soddisfare le esigenze del consumatore per un lungo periodo, favorendo una minore frequenza di riacquisto del prodotto.


In questa sezione parlerò di numeri. Penso sia estremamente utile per aiutarti a comprendere a pieno la consistenza delle alternative alla pelle. Per quelli che, come me, preferiscono farsi un’idea di massima con un colpo d’occhio, ho preferito aggiungere a fine paragrafo un grafico (come si dice…una tabella vale più di 1.000 parole!) che compara le performance della pelle agli altri materiali in un colpo solo, in quanto a resistenza a trazione, flessione, strappo, flessione, assorbimento e permeabilità del vapore acqueo. Per rendere il grafico più leggibile, i numeri sono normalizzati rispetto al massimo valore misurato nella comparazione.


I numeri che cito in questo post sono estratti dallo studio “Comparison of the Technical Performance of Leather, Artificial Leather, & Trendy Alternatives” del FILK Freiberg Institute, pubblicato nel 2021. Questo studio è particolarmente interessante, dato che le prove di performance sono eseguite secondo gli standard ISO utilizzati nel mondo della calzatura per validare i materiali.


2.1 Resistenza alla trazione e resistenza allo strappo

Le proprietà meccaniche più importanti per i materiali utilizzati per accessori e abbigliamento sono la resistenza alla trazione e allo strappo.

La pelle conciata al cromo mostra una stabilità meccanica molto elevata, che rappresenta il valore più alto per la resistenza alla trazione e la resistenza allo strappo fra tutte le alternative. La resistenza alla trazione supera la specifica di >39 N/mm2.

Al contrario, per quanto riguarda i materiali fibrosi di origine naturale non animale, i valori del campione Muskin® sono estremamente bassi, e per Kombucha circa 10 N/mm2.

I materiali fossili o ottenuti per integrazione fossile mostrano resistenze alla trazione da 9 a 20 N/mm2. Essa dipende principalmente dalle proprietà del tessuto di supporto.

I carichi di rottura tessuti non tessuti bio-based vanno da 4 fino a 25 N/mm2. La resistenza dipende dalle proprietà delle fibre e dal legame delle fibre. Nonostante una soddisfacente resistenza alla trazione, la resistenza allo strappo di SnapPap® è bassa.


2.2 Resistenza alla flessione

I materiali per accessori devono resistere a flessioni intense e deformazioni varie durante l'uso. Il test flessometrico viene utilizzato per valutare la resistenza a lungo termine alla flessione. Il grado 0 è la valutazione migliore che indica che il materiale stesso e gli strati di rivestimento non mostrano crepe durante la flessione. Un grado ≤2 (solo crepe piccole nello strato superiore del rivestimento) è accettato per superare quel test. Quando si osserva un grado >2, la flessione deve essere interrotta e viene annotato il numero di cicli effettuati. Pelle, Pinatex® e tessuto rivestito in PU raggiungono la specifica di >80.000 cicli di flessione secondo ISO 20942. La resistenza alla flessione del materiale Teak Leaf®, SnapPap®, Muskin® è invece insufficiente per le applicazioni desiderate.


2.3 Permeabilità al vapore acqueo e assorbimento del vapore acqueo

Un piacevole comfort di indossare scarpe, guanti o abbigliamento è correlato alla permeabilità al vapore acqueo (WVP) del materiale, che consente di trasportare l'umidità del corpo attraverso il materiale dell'abbigliamento alla sua superficie. Il comfort è inoltre accresciuto dalla capacità dei materiali di assorbire il vapore acqueo.

Pelle, Muskin® e SnapPap® superano di gran lunga la permeabilità al vapore acqueo e Pinatex® e il tessuto rivestito in PU soddisfano ancora i requisiti ISO 20942. Il WVP di tutti gli altri materiali è insufficiente.

L'assorbimento di vapore acqueo (WVA) di Kombucha, pelle e Muskin® è elevato. Gli altri materiali, in particolare quelli che contengono una quantità significativa di polimero sintetico con minore polarità, mostrano un assorbimento di vapore acqueo molto inferiore.


Ecco, invece, il grafico di sintesi di cui parlavo poco fa:


Il colpo d’occhio è impressionante! In pratica, tranne che per poche, singole eccezioni, nessun materiale di cui ti ho parlato in questo post può equiparare neppure lontanamente, le performance della pelle. In buona sostanza c’è da aspettarsi che un prodotto realizzato in cuoio abbia una longevità molto maggiore di qualsiasi altra alternativa, mantenendo quindi la sua funzionalità invariata per periodi di tempo molto lunghi e favorendo una minore frequenza di riacquisto del prodotto.


3. …QUINDI? ESISTONO DAVVERO ALTERNATIVE ALLA PELLE?


In generale, lo studio ci suggerisce che la pelle, almeno per i due parametri di cui ho parlato nell’articolo, è il best performer: attiva meccanismi di economia circolare in termini di gestione della materia prima e ha performance “outstanding” rispetto agli altri materiali che favoriscono la longevità dei prodotti.

Riguardo gli altri materiali, considerando che nessuno di essi sembra poter minimamente sperare di sostituire il cuoio in modo massivo:


· il PVB sembra essere l’alternativa più convincente: attiva meccanismi di economia circolare utilizzando scarti dell’industria automotive, ha performance meccaniche (equivalenti a un PU) di gran lunga inferiori alla pelle ma mediamente migliori delle altre opzioni.


· Muskin® è un’ottima alternativa bio-based, tuttavia le attuali difficoltà di raccolta ne fanno un materiale complicato da produrre su scala massiva. Inoltre la bassa resistenza a trazione ne limita il campo di utilizzo in maniera importante.


· I materiali che sono ottenuti per integrazione di quelli fossili come Vegea®, Appleskin® Desserto®, danno tutta l’impressione di essere una soluzione di compromesso, un palliativo, per rendere più “digeribili” agli occhi dei consumatori i polimeri sintetici come PVC e PU: le percentuali di materia prima sostenibile sono basse, le performance meccaniche non sono particolarmente migliorative rispetto all’equivalente 100% fossile.


· I tessuti non tessuti bio-based come Pinatex® hanno caratteristiche meccaniche non eccezionali, inoltre la materia prima proviene da fonti alimentari (il PLA è ottenuto dal mais). Snappap® è composto di cellulosa immersa in soluzione polimerica, ma anch’esso non brilla per prestazioni.


E tu, cosa ne pensi? Hai esperienza di altri materiali alternativi alla pelle?

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