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  • Immagine del redattoreMichele Lasi

LA PELLE ITALIANA, UN PRODOTTO DI LUSSO SOSTENIBILE

If you can’t measure, you can’t manage. Lo ha detto, tempo fa, Peter Drucker, guru del management.


Un aforisma estremamente potente! In sostanza suggerisce che misurare ripetutamente un evento osservandone il trend dal punto di vista numerico, è l’unico metodo per riconoscerne la sua dimensione, inquadrarlo, e decidere come agire per assoggettarlo alle nostre necessità.


Il Report di Sostenibilità appena pubblicato da UNIC - Unione Nazionale Industria Conciaria è sostanzialmente questo: una misurazione degli impatti ambientali e sociali del settore che pone, senza mezzi termini, il settore conciario italiano in una posizione avanguardistica a livello mondiale sulle tematiche in questione, dipanando ogni dubbio (s’intenda, legittimo prima di leggere la relazione) riguardo un prodotto tanto controverso quanto affascinante come la pelle.


Un report di sostenibilità è lo strumento attraverso cui le organizzazioni comunicano le loro performance di ambientali, sociali e di governance, offrendo agli stakeholder una dashboard di indicatori quantitativi ad integrazione di quelli economici. In questo specifico caso, UNIC ha misurato gli impatti socio ambientali di un campione di aziende provenienti da uno dei 3 distretti industriali italiani: Veneto, Toscana, Campania.


Il Report è consultabile qui, mentre qui di seguito trovi la nostra analisi.





LE MATERIE PRIME


Come riporta il documento di UNIC “La principale materia prima delle lavorazioni conciarie è un by-product, ovvero uno scarto, che un processo di upcycling valorizza in un prodotto finale che ha molteplici applicazioni nel mercato”. In sostanza, oggi l’industria della pelletteria lavora, in oltre il 99% dei casi, pelli che sono un sottoprodotto della macellazione: se la pelle non venisse conciata dovrebbe essere eliminata in altri modi, probabilmente più impattanti, dopo che la carne degli animali è stata utilizzata per la macellazione.

Dunque, almeno In termini di Raw Materials, la pelle rappresenta una best practice da tenere a riferimento!


IL PROCESSO PRODUTTIVO

Oltre alle pelli, i processi di trasformazione implicano l’uso di altre risorse, sia naturali che trasformate, quali: acqua, energia e prodotti chimici. Durante le lavorazioni si generano inoltre reflui, rifiuti ed emissioni in atmosfera.

Nel report viene riportato che “ciascun impatto è monitorato nel tempo attraverso un set di indicatori che, analizzati in serie storica, consentono di avere un’indicazione dell’efficacia deIle misure di miglioramento adottate. Per i consumi, in particolare, tre sono gli indicatori considerati: il consumo di energia, il consumo di acqua e il consumo di ausiliari chimici per metro quadro di pelle finita prodotta.

I trend degli indicatori, sono un’attestazione dei risultati ottenuti dal campione rappresentativo grazie agli investimenti fatti negli anni e all’adozione di buone pratiche industriali per ridurre l’utilizzo delle risorse e, nel contempo, l’impatto associato all’utilizzo delle stesse. L’impegno per ridurre l’impronta complessiva della produzione conciaria è una sfida affrontata non solo dalle singole realtà aziendali, ma sinergicamente da tutto il sistema produttivo.

Fondamentali, in questo contesto, le simbiosi industriali sviluppatesi negli anni e in continua evoluzione nei territori a vocazione conciaria, soprattutto per quanto concerne il recupero e la valorizzazione di scarti e rifiuti e il trattamento dei reflui. Tutti gli scarti che si configurano come Sottoprodotti di Origine Animale (SOA) sono valorizzati e recuperati, così come la gran parte dei rifiuti (il 77,4%). La restante quota destinata a smaltimento comprende fanghi e residui di verniciatura, materiali assorbenti, imballaggi contaminati o poli materiale non recuperabili, inerti e poche altre tipologie.

Nel 2020 la produzione di rifiuti è stata mediamente di circa 1,46 kg per ogni metro quadro di pelli prodotte (1,10 kg al netto dei liquidi di concia al cromo, inviati a recupero, costituiti per il 95% di acqua). Solo una minima parte dei rifiuti (il 2,4%) è classificata come pericolosa. Trattasi prevalentemente di imballaggi residuati da prodotti chimici pericolosi, oli esausti, morchie di verniciature.

I processi di recupero degli scarti conciari sono un interessante caso applicativo di bioeconomia circolare. Dalle biomasse organiche che originano dalla lavorazione della pelle si ricavano idrolizzati che possono avere molteplici applicazioni e reimpieghi in diversi cicli produttivi (agricolo, alimentare, edile, cosmesi, nutriceutica, farmaceutica, cartotecnica) e sostituire efficacemente prodotti di sintesi ricavati da materie prime vergine. I processi di idrolisi possono essere utilmente applicati anche per il recupero degli scarti di finito (se il materiale è costituito prevalentemente da pellame), ricavandone preziosa bio-materia che ritorna in agricoltura sotto forma di proteine e amminoacidi. L’uso agricolo delle biomasse conciarie di scarto, ad oggi prevalente, esemplifica l’ideale chiusura del cerchio dei materiali naturali e gioca un ruolo fondamentale nella strategia “Farm to Fork”, al centro del Green Deal europeo, che affronta le sfide poste dalla realizzazione di sistemi alimentari sostenibili e vede nell’uso di fertilizzanti e biostimolanti organici un punto focale”.


IL CONSUMO ENERGETICO

Sul capitolo energia, UNIC evidenzia come “in poco meno di 20 anni, la Conceria Italiana è già riuscita a contrarre i consumi del 37%, grazie ad una serie di misure di efficientamento, sia organizzativo che impiantistico, che hanno portato ad una forte mitigazione degli impatti nel tempo. La riduzione degli sprechi è senz’altro una voce importante dell’efficientamento, cui si aggiungono la sostituzione degli impianti a maggior consumo (sia produttivi che di servizio) e soluzioni per un approvvigionamento energetico a minor impatto.

I processi svolti in conceria utilizzano sia energia termica (nel 2020, il 51,2%) per la produzione di acqua calda e vapore e per la termoregolazione degli ambienti, che energia elettrica (48,3%) quale forza motrice di attrezzature e impianti. Lo 0,5% è la quota di consumo energetico correlata al gasolio utilizzato per la logistica interna. Le emissioni climalteranti associate agli approvvigionamenti energetici nel 2020 sono state pari a 1,92 kg di CO2 equivalente per metro quadro di pelle prodotta. Di questi, il 77% sono emissioni associate all’utilizzo di gas metano, mentre quelle derivanti dall’acquisto e utilizzo di energia elettrica rappresentano il 21,6% del totale. Il gas metano è impiegato per alimentare le centrali termiche e gli impianti di cogenerazione installati da alcune aziende a piè di fabbrica per produrre energia termica ed elettrica in modo efficiente. Nel 2020 gli impianti di cogenerazione hanno contribuito al 14% dei TEP utilizzati dal campione. L’acquisto di energia da fonti rinnovabili, attestata da certificati di garanzia di origine, nel 2020 ha coperto una quota importante dell’energia approvvigionata”.


LA GESTIONE DELLE ACQUE NELLA CONCERIA ITALIANA

L’acqua è uno dei capitoli più delicati del settore. Nel report si evidenzia come “l’acqua, dopo le pelli, è la materia prima più importante nelle lavorazioni conciarie. È impiegata in tutte le fasi ad “umido”, che avvengono nei bottali in soluzioni acquose. Tali processi necessitano di acqua con caratteristiche qualitative ben definite e un elevato grado di purezza. Per tale ragione, l’acqua è approvvigionata prevalentemente da falda acquifera e in parte da acquedotto industriale e/o civile. Questa necessità costituisce, ad oggi, uno dei maggiori limiti al riutilizzo e riciclo delle acque in conceria. L’acqua è il mezzo di reazione grazie al quale si possono realizzare la stabilizzazione delle fibre collageniche e la loro nobilitazione in pelle finite. Solo una minima parte (nel 2020 il 4,8%) rimane nelle pelli e negli scarti di lavorazione come umidità o è persa per evaporazione. La restante quota diventa refluo di processo e inviata a impianti di trattamento. L’acqua, infatti, essendo coinvolta attivamente nei processi, durante il suo utilizzo in conceria cambia significativamente le proprie caratteristiche, contaminandosi con le sostanze chimiche non assorbite dal pellame o che si sviluppano nelle lavorazioni. I reflui generati devono quindi essere opportunamente depurati, in modo da rimuoverne gli inquinanti e restituire all’ambiente acque compatibili con la conservazione dei biomi. Anche in questo caso, l’approccio consortile si è dimostrato una soluzione efficace. Gli impianti localizzati nei distretti produttivi sono specializzati per il trattamento dei reflui industriali conciari e garantiscono livelli di abbattimento elevati degli inquinanti”.


L’IMPORTANZA DEL DESIGN PER LA CIRCOLARITA’

Secondo Unic “un ulteriore, ma non meno importante aspetto per promuovere per l’economia circolare è l’estensione della vita dei prodotti di consumo, focalizzandosi su aspetti quali durabilità, aggiornabilità, riparabilità, riutilizzo, riciclabilità, possibilità di rigenerazione, contenuto di materiale riciclato o di materie prime secondarie. Anche in questo caso, la pelle gioca un ruolo fondamentale, avendone per sua natura già in sé tutte le caratteristiche. È un materiale durevole, realizzato con materia prima recuperata (le spoglie animali) e recuperabile, in quanto tale e come componente dei manufatti finiti. In quest’ultimo caso lo snodo critico è l’applicazione dei principi di ecodesign agli articoli, la cui progettazione dovrà assicurare sempre di più riparabilità e modularità. Calzature, borse, imbottiti e sedute progettati per un uso duraturo nel tempo, garantito da una buona riparabilità e manutenibilità, possono essere disassemblati e avere una seconda vita se i materiali sono recuperabili e riutilizzabili o essere trasformati in materia organica utile ad altri scopi e processi, evitandone lo smaltimento e conseguente rilascio nell’atmosfera del carbonio organico, fissato nelle fibre naturali, come anidride carbonica”.


In buona sostanza, gli sforzi della conceria italiana per ottenere una piena circolarità dell’industria sono, oltrechè evidenti, misurabili e sistematici. Il sistema industriale è teso al miglioramento continuo, ha raggiunto un livello di maturità unico rispetto al panorama mondiale, e offre uno “sfogo” fondamentale al mercato del food grazie al riutilizzo delle spoglie animali.


E tu cosa ne pensi della pelle italiana dopo aver letto il report? Pensi che sia sostenibile?


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