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  • Immagine del redattoreMichele Lasi

E SE NON UTILIZZASSIMO PIU’ LA PELLE? …COSA ACCADREBBE?

Aggiornamento: 31 mag 2022

Ci abbiamo fatto l’abitudine, ormai: i brand del lusso e del fashion si sono gettati in una corsa (almeno di facciata) alla sostenibilità. Una confusa competizione spesso imperniata sul greenwashing, ossia quella strategia di marketing, ingannevole e fraudolenta, applicata da certe organizzazioni per dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente con l’obiettivo di catturare l’attenzione dei consumatori attenti alla sostenibilità.


Con una certa sorpresa, anzi con sostanziale sgomento, ho notato che il greenwashing tende non solo a pubblicizzare come “sostenibili” prodotti o soluzioni di business che in realtà non lo sono, ma anche a creare certe leggende metropolitane del tutto infondate. Una di queste può essere sintetizzata nella frase “la pelle è il male: si uccidono gli animali e i sottoprodotti delle concerie inquinano l’ambiente”.


…Una sorta di greenwashing inverso!


Mi sono convinto della necessità di scrivere qualcosa in proposito.



Ci ho messo un po’, a dire il vero, e la ragione è molto semplice: finora non ero riuscito a trovare dei dati numerici, oggettivi, e prodotti da enti di provata affidabilità che potessero sfatare il mito.

Qualche giorno fa, infine, ho trovato un report prodotto dal LHCA (Leather and Hide Council of America). il Leather and Hide Council of America (LHCA) è un'associazione che rappresenta l'intera catena di approvvigionamento della pelle negli Stati Uniti, inclusi produttori di carne, trasformatori di pelle, commercianti, concerie, produttori di pelletteria, aziende di calzature, fornitori di prodotti chimici, produttori di macchinari, mediatori commerciali, spedizionieri, istituzioni finanziarie e altro ancora.


Il report (che puoi consultare qui) è particolarmente interessante: il suo scopo non è definire se la filiera della pelle è sostenibile. Piuttosto, si occupa di rispondere a un quesito molto semplice: se interrompessimo l’utilizzo della pelle, l’ambiente ne gioverebbe?

La ricerca ha utilizzato i database del governo statunitense, che coprono 25 anni di monitoraggio del mercato. Ecco un recap del paper:


· L’utilizzo della pelle non comporta un aumento del numero di bovini allevati e macellati.

· Uno stop all’uso della pelle aumenterebbe in modo significativo le quantità di scarti dell’industria della carne riversati in discarica, nonché le emissioni di gas serra.


Riguardo al primo punto, il paper dimostra come il numero di bovini allevati per la produzione di carne e latticini rimarrebbe lo stesso anche se le persone smettessero di acquistare pelle: il driver del numero di animali sottoposti ad allevamento e macellazione è la domanda alimentare. Contemporaneamente, l'impatto ambientale sarebbe significativo. La combustione o lo smaltimento nelle discariche di 33 milioni di pelli statunitensi non utilizzate genererebbe più di 750.000 tonnellate di emissioni di CO2/anno e riempirebbe tutte le discariche statunitensi entro quattro anni. A livello globale questo vedrebbe 300 milioni di pelli sprecate e 6,6 milioni di tonnellate di emissioni in eccesso ogni anno.

Dunque, non c’è dubbio che l'industria della pelle degli Stati Uniti sta aiutando gli allevatori di bestiame a raggiungere una quota di rifiuto generato prossima allo zero, riciclando attualmente l'85% delle pelli di bestiame prodotte. Accanto all'impatto immediato dello smaltimento delle pelli di scarto ci sono gli impatti ambientali indiretti creati quando ci riforniamo di materiali alternativi, spesso dall'industria petrolchimica.

Il Dottor Gary W. Brester, Professore dell’università del Montana e coautore del paper ha commentato:

“Ci è stato chiesto, da un punto di vista agricolo ed economico, di guardare al rapporto tra le pelli e l'allevamento del bestiame. I risultati, monitorati in 25 anni, ci dicono che le pelli sono un sottoprodotto e non esercitano alcuna influenza diretta sul numero di capi di bestiame allevati. Gli impatti indiretti possono essere calcolati e sono inferiori allo 0,3%.

Alla domanda su cosa accadrebbe se l'uso della pelle cessasse del tutto, il dottor Brester ha detto: "Avremmo un problema ambientale".


Il presidente di LHCA, Steve Sothmann, ha spiegato perché il rapporto era stato commissionato:

“Man mano che le popolazioni globali diventano più urbanizzate, abbiamo meno comprensione di come funziona l'agricoltura. Ciò si traduce in idee sbagliate, ad esempio che non produrre pelle farebbe bene all'ambiente e significherebbe industrie lattiero-casearie e della carne più piccole. O all'estremo che ci sono “allevamenti di pelle” che allevano bestiame esclusivamente per la produzione di pelle".

“Questo rapporto stabilisce economicamente che le pelli sono un sottoprodotto delle industrie lattiero-casearie e della carne, non un driver. Dimostra inoltre che la fine dell'uso della pelle non fermerebbe la produzione di bestiame. In effetti, c'è una forte argomentazione che l'impronta di carbonio della pelle inizia nel punto di acquisto dai fornitori. In effetti, si potrebbe obiettare che la lavorazione delle pelli in pelle offre un risparmio netto di carbonio rispetto a mezzi di smaltimento alternativi".


Sempre Steve Sothmann, conclude:

“Smettere di utilizzare la pelle danneggerà l'ambiente, causerà più rifiuti, più emissioni di gas serra e una maggiore domanda di sostituti economici, spesso inquinanti. Dobbiamo mettere la sostenibilità al centro del nostro approccio per affrontare il fast fashion e adempiere alle nostre responsabilità ESG. Non ci sono soluzioni perfette, ma c'è una responsabilità condivisa per una discussione onesta e informata e per trovare la strada migliore da seguire".


E come disse Forrest Gump ricordando il suo amico Bubba caduto in Vietnam: ”È tutto quello che ho da dire su questa faccenda”.



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